Tfr o fondo pensione: per i rendimenti il vero guaio è non decidere

Alberto Battaglia

Tempo di lettura: 5′

Nel 2023 i fondi pensione hanno stracciato la rivalutazione del Tfr; nel confronto decennale restano in ritardo i fondi cui si aderisce per silenzio assenso

La rivalutazione del Tfr è stata sbriciolata dai rendimenti dei fondi pensione di tutte le varie tipologie nel 2023. Dopo le prime anticipazioni, sono arrivati anche i confronti completi della Covip, l’istituto di vigilanza sul comparto. Nel 2023 il rendimento netto del Tfr è stato dell’1,6%, mentre i fondi pensione negoziali, le gestioni private delle categorie professionali, hanno mediamente realizzato un rendimento del 6,7%, al netto di costi e imposte. All’interno di quest’ultima categoria, i rendimenti vanno dal 2,8%, delle gestioni puramente obbligazionarie, al 10% realizzato da quelle azionarie.

I fondi pensione aperti, nel 2023, hanno registrato performance medie ancora più elevate, pari al 7,9%, con una forchetta che va dal 4,4% (obbligazionario puro) all’11,3% (azionari). Anche le forme pensionistiche di tipo assicurativo (Pip e unit linked) hanno battuto il rendimento del Tfr l’anno scorso, con l’unica eccezione delle gestioni separate, che hanno realizzato l’1,3% netto. Va alle unit-linked azionarie la medaglia d’oro miglior rendimento nel 2023, con una performance dell’11,4%.

L’andamento dell’inflazione e dei mercati finanziari nel 2023 è stato opposto a quello del 2022: con un andamento dei prezzi molto moderato e il recupero di bond e azioni i fondi pensione hanno potuto facilmente superare la rivalutazione del Tfr. Quest’ultimo, infatti, tende a prevalere nel confronto quando l’inflazione è elevata e i mercati obbligazionari e azionari vanno in rosso – esattamente come accaduto nel 2022.

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Il confronto sulla lunga distanza

Per quanto interessanti, la scelta fra Tfr in azienda o fondo pensione non dovrebbe essere determinata da considerazioni di breve periodo. Se il risparmio in questione viene messo da parte per accumulare un capitale da incassare nel momento del ritiro dal mondo del lavoro, l’orizzonte dovrebbe essere piuttosto lungo, a seconda dell’età. La Covip, per questo, invita a porre attenzione al confronto negli ultimi dieci anni.

Il fondo pensione negoziale (di categoria) ha reso, al netto di costi e fiscalità, il 2,4% medio ogni anno, esattamente come la rivalutazione del Tfr. Ma è entrando più nel dettaglio che il confronto si fa interessante.

I fondi pensione in “silenzio assenso” hanno reso meno del Tfr 

Infatti, le gestioni previdenziali a capitale garantito, quelle più affini al Tfr come profilo di rischio, hanno prodotto solo lo 0,8% di rendimento netto ogni anno; un terzo in meno rispetto alla rivalutazione del trattamento di fine rapporto

E’ un ritardo particolarmente evidente, al quale si aggiunge il fatto che è proprio nelle linee garantite che finiscono le adesioni “tacite” ai fondi pensione: quelle che scattano con il meccanismo di silenzio assenso, decorsi i sei mesi a disposizione per decidere come destinare il Tfr. Per gli indecisi più “prudenti”, il Tfr, sarebbe stato una scelta molto più remunerativa e altrettanto sicura, in quanto anch’essa a capitale garantito.

Nel confronto degli ultimi dieci anni, la scelta abbandonare il Tfr in favore dei fondi pensione negoziali sarebbe stata conveniente a patto di aver optato per una gestione almeno in parte azionaria. Infatti, gli obbligazionari puri hanno generato rendimenti ancor più ridotti, pari allo 0,2% annuo – e senza garantire la conservazione del capitale.

Come da manuale, l’orizzonte temporale lungo ha premiato gli investitori che hanno scelto in modo più deciso l’azionario, che è la tipologia d’investimento più volatile, ma anche quella con il maggior potenziale di rialzo. Anche le vie di mezzo “bilanciate” fra azioni e bond, comunque, sono riuscite a superare il rendimento del Tfr.

I rendimenti del passato non riflettono necessariamente quelli futuri, ma l’esperienza degli ultimi dieci anni suggerisce come la scelta in favore del fondo pensione andrebbe fatta in modo consapevole, tenendo conto del fatto che le opzioni di tipo previdenziale più prudenti rischiano di non superare la rivalutazione del Tfr.